Disco di Nebra, la più antica rappresentazione del cielo

Il disco di Nebra è un disco di bronzo del peso di circa 2 kg e di circa 32 cm di diametro per 100 cm di perimetro. È stato scoperto, insieme ad altri oggetti di culto, da saccheggiatori di tombe nel luglio del 1999 a Nebra-Unstrut, in Germania. Risalirebbe al 1600 AC ed è considerato la più antica rappresentazione della volta celeste. È conservato al Museo regionale della preistoria di Halle, in Germania.

Disco di Nebra

Nel giugno del 2013, il disco celeste di Nebra è stato inscritto nel registro delle Memorie del Mondo dell’UNESCO come “scoperta archeologica maggiore del XX secolo” e come “più antica rappresentazione concreta di un fenomeno cosmico del mondo”.

All’epoca della scoperta, il disco era un oggetto così spettacolare che alcuni archeologi hanno pensato che fosse stato realizzato da un falsario.  Infatti, circa 10 anni fa, la sua reputazione sul web era molto bassa, era considerato un fake dalla maggior parte dei siti o forum che ne parlavano. Tuttavia, uno studio microscopico della sua patina ha rivelato che il disco era sicuramente molto antico: la dimensione dei cristalli di ossidazione è proporzionale alla lentezza della loro formazione, e i cristalli di ossidazione del disco di Nebra sono troppo importanti per essere di origine artificiale.

La realizzazione del disco nella stessa regione della sua scoperta è confermata da uno studio isotopico del piombo radioattivo contenuto nel rame del disco. In effetti, ogni giacimento ha una particolare firma isotopica e il rame del disco proviene dai giacimenti alpini dell’Austria, sfruttati all’età del bronzo.

Altri oggetti, bracciali e spade di bronzo, furono riesumati nello stesso luogo dagli scopritori. Uno studio comparativo con altre spade simile dell’età del bronzo, datate precisamente con il metodo del carbonio 14, ha permesso di fare risalire il disco di Nebra al 1600 AC, circa.

 

Di seguito un recente articolo di Paolo Soletta pubblicato dal sito INAF:

Forgiato quasi quatromilla anni fa, il Disco di Nebra è ancora un mistero

Il Disco di Nebra è un caso archeo-astronomico che fa discutere da quasi vent’anni. Prendendo spunto dal recente tributo della Nasa, che ha gli ha dedicato la “foto del giorno”, abbiamo contattato Adriano Gaspani dell’INAF di Brera, uno dei più esperti archeoastronomi in Italia, per un approfondimento su questo affascinate reperto.

Nel 1999 – in un pertugio nella “Montagna di Mezzo” (Mittelberg), nei pressi di Nebra, in Germania – due tombaroli dissotterrarono, grazie ad un metal detector, numerosi reperti metallici risalenti al 1600 avanti Cristo. Tra questi venne fuori un disco di bronzo intarsiato con lamine in oro, del diametro di 32 cm.

È un peccato che un manufatto così importante sia stato scoperto tramite scavi clandestini. Adriano Gaspani, dell’Osservatorio Astronomico Inaf di Brera, spiega infatti che: «La base per una ricerca archeoastronomica di qualità è il rilievo topografico di precisione dei siti archeologici che si sospetta essere astronomicamente significativi, tenendo sempre ben presente che il dato archeologico deve essere tenuto nella massima considerazione». Difatti, come spiega Gaspani in un ampio articolo da lui già dedicato al Disco di Nebra, non abbiamo alcuna certezza sulla posizione in cui il disco fu sotterrato. Questo ci avrebbe permesso di verificare eventuali allineamenti astronomici, se presenti.

La produzione del disco è comunque stimata tra il 2000 e il 1700 a.C., quando a Babilonia Hammurabi scriveva il suo codice e in Egitto governavano gli “hyksos”, i Capi Stranieri. Erano esattamente gli stessi anni in cui la Sardegna ribolliva letteralmente di bronzo fuso per mano di una popolazione guerriera e costruttrice di torri immortali. Insomma, la scoperta delle leghe e in particolare del bronzo ha fatto fare un salto tecnologico “post-neolitico” mai visto che ha portato alla produzione di manufatti prevalentemente bellici: lance, asce, pugnali, scudi, armature e molto altro.

Inizialmente – dato che ad accompagnarlo c’erano appunto asce, scalpelli e pugnali – i due tombaroli pensarono al Disco di Nebra come alla decorazione centrale di uno scudo rotondo, forma tipica degli scudi del periodo. Per loro, comunque, ciò che importava era il guadagno, e infatti cercarono subito di venderlo, finendo inesorabilmente nelle mani della giustizia. Dopo vari passaggi di proprietà il Disco è entrato a far parte della collezione del vicino Museo di Halle e, dal 2013 è divenuto Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

Ma perché il Disco di Nebra è tanto controverso e discusso? Basta uno sguardo per capire che la sua funzione era, molto più che probabilmente, astronomica. Gli “ingredienti” che compongono il “puzzle” del disco sono inequivocabili: stelle, Sole, Luna i più sicuri. Poi una serie di altri dettagli non secondari ed anzi, probabili indizi di misurazione astronomica. Innanzitutto gli archi dorati laterali potrebbero raffigurare l’escursione massima di albe e tramonti solari tra i due solstizi di dicembre e di giugno ma che sembrerebbero essere stati applicati al disco solo in un secondo tempo.

Ancora più affascinante è il raggruppamento di stelle interpretato come quello delle Pleiadi, o Sette Sorelle. A prima vista sembra infatti un gruppo di stelle buttato lì in modo quasi casuale, ma se guardiamo a rappresentazioni delle Pleiadi presso altre culture, anche lontanissime, troveremo somiglianze quasi sbalorditive (vedi collage con relativa didascalia). Continua QUI